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The Amazing Race – 18×11/18×12 – This Is Where It Ends

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Devo ammettere che quando ho capito che, invece di un doppio episodio speciale, come sembrava dalle preview della scorsa settimana, la rete ha semplicemente accorpato gli ultimi due episodi nella stessa serata, un po’ ci sono rimasto male. Mi aspettavo un unicum nella storia di The Amazing Race, con quattro team in gara per il milione di dollari e invece, nonostante il titolo unico, ci siamo trovati davanti a due puntate ben distinte, molto diverse nel ritmo ma, fortunatamente per noi, non nella qualità. Prima, però, vediamo in breve che cosa è successo.

Le tappe

1. I team, arrivati a Zurigo, hanno viaggiato via aereo fino a Rio de Janeiro, Brasile. Qui hanno poi raggiunto, tramite tram, l’Escadaria Selarón e, trovata la Route Info camuffata da piastrella colorata, si sono diretti al Largo del São Francisco de Paula, dove si è svolto il Roadblock: imparare dei passi di samba e condurre un corteo di maschere e ballerini per ottenere l’approvazione del giudice. Il Detour – non prima di una sessione di ceretta brasiliana della durata di quindici minuti – si è svolto a Copacabana: in “On the Rocks” le squadre dovevano produrre correttamente cento caipirinhas mentre in “On the Beach” dovevano industriarsi per convincere le persone in spiaggia a comprare dei nuovi bikini (fino ad ottenere circa sessanta dollari). Il Pit Stop era collocato ai piedi del Niterói Contemporary Art Museum, su una spiaggia letteralmente paradisiaca.

2. I Final Three hanno raggiunto Miami, Florida. Da qui, via taxi, si sono diretti ad un deposito barche nei pressi del Miami Marine Stadium, dove si è svolto il primo Roadblock (pilotare un carrello elevatore per posizionare un motoscafo su un’impalcatura di carenaggio). Poi è la volta della Jules’ Undersea Lodge per il secondo Roadblock: usare un sommergibile BOBdive per cercare l’indizio successivo, nascosto in uno fra decine di forzieri galleggianti. Da qui, interpretando una Route Info criptica (ma neanche troppo), i team si dirigono a Big Pine Key (miglio 29) e da qui attraversano a piedi una porziona bassa dell’oceano per raggiungere Horseshoe Island. E non è ancora finita: trovato l’indizio successivo, i team arrivano alla Galway Bay Mobile Home Park, dove devono montare una roulotte seguendo l’immagine fornita. Finita questa ennesima prova, i team, via triciclo, attraversano il Seven Mile Bridge per arrivare alla Finish Line, al Pigeon Key Historic District.

La gara

Partiamo subito dall’eliminazione della prima tappa: mi dispiace dirlo ma Zev & Justin hanno perso per colpa dell’inettitudine di Zev. I passi che dovevano imparare erano di una facilità disarmente ed il giudice di gara è forse il meno severo visto in diciotto stagioni. Eppure Zev ha dovuto provare plurime volte prima di riuscire a farcela, permettendo ai Globetrotters di recuperare il tempo perduto in taxi e di rimontare. Capisco la sua condizione, ma questa è una scusa fino ad un certo punto visto che non si sta parlando di ballare il Lago dei Cigni davanti a Baryshnikov. Perdere poi tempo con il Detour palesemente più complesso è stata la fantomatica goccia che fa traboccare il vaso. Chi, leggendo la descrizione delle due prove, poteva essere così sciocco da provare a vendere bikini a Copacabana? Tutto sommato, quindi, la loro eliminazione non mi è affatto dispiaciuta, anzi. Non mi sono mai piaciuti e – dopo averli visti nella loro versione Lon Chaney Jr. nel salone di bellezza – sono ancora più felice di salutarli.

E così arriviamo ai Final Three (termine che tra l’altro mi ricorda sempre i Final Five di ben altra fama), il cui ordine di arrivo alla Finish Line è stato deciso, diciamocelo, solo ed esclusivamente dai taxi: prima Gary & Mallory hanno trovato il taxista più impacciato di Miami, che, ignorando la destinazione, cercava di scovarla tramite cellulare su Google mentre guidava a passo di lumaca, e poi Flight Time & Big Easy hanno avuto problemi a trovare il 29° miglio di Big Pine Key e non sono più riusciti a rimontare i minuti di vantaggio che avevano Kisha & Jen. Certo, forse se il vento non avesse influito così tanto sull’ultima prova avrebbero potuto farcela, avendo finito di montare la roulotte in minor tempo, ma le due sorelle hanno trovato il dettaglio fuori posto in pochi secondi, de facto segnando la propria vittoria. Che, intendiamoci, mi sta anche bene, nonostante nelle ultime due tappe mi fossi sorpreso a tifare proprio per i Globetrotters di cui ho tanto parlato male: infatti, per quanto proprio non riesca a reggere Big Easy, Flight Time è simpatico, educato, divertente (ed è anche un gran figo, cosa che non guasta mai) e si meritava di vincere. A dire il vero, fra i Final Three, tutti i team si sarebbero, idealmente, meritati la vittoria finale… ebbene sì, anche il Folletto Saltellante che, in apertura, aveva confidato di aver ricevuto la visione mistica del loro trionfo (OK, forse non era proprio così, ma il succo era questo).

Quello che mi preme dire, però, è un’altra cosa. L’ultima tappa dovrebbe servire agli autori come manuale su cui costruire tutte le tappe delle future stagioni. Imprevedibile, piena di prove originali, faticosa e combattuta, mi è piaciuta soprattutto perché era appagante da vedere. Put “amazing” back in The Amazing Race, questa è la chiave: le prove in sé, a parte il primo Roadblock che era bruttino, erano semplici variazioni sui temi che conosciamo così bene (caccia al tesoro, attenzione al dettaglio, prova di resistenza fisica) ma lo scenario in cui si sono svolte, e non parlo solo della splendida Florida, era meraviglioso nel senso più letterale del termine. Prendiamo il segmento sottomarino: la band subacquea non aggiungeva nulla alla prova ma la sola presenza – unita al gusto un po’ steampunk del BOBdive – dava alla prova un sapore tutto diverso e, soprattutto, come accadeva nelle prime stagione, ci ha rivelato qualcosa sul nostro mondo, una tradizione così particolare che io, personalmente, avrei già voglia di vederla di persona. Così, anche l’attraversamento a piedi dell’oceano dev’essere stata un’esperienza incredibile e quel lunghissimo ponte è stato lo sfondo perfetto per l’ultimo sprint.

Per tutte queste ragioni, il doppio episodio si merita quasi il massimo dei voti.

Peccato non poter dire lo stesso della stagione, che, a causa di prove spesso poco ispirate e di alcuni team davvero mediocri (Amanda & Kris, anyone?), è risultata più noiosa di quanto avrebbe potuto essere. Speriamo che la prossima – TAR è, ovviamente, già stato rinnovato per il prossimo anno – sia meglio!

 

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